La sindrome dell’ovaio policistico è un disordine endocrino che colpisce moltissime donne in età fertile.
I sintomi principali sono
- irregolarità del ciclo mestruale (con cicli molto lunghi, superiori a 35 giorni)
- infertilità
- segni di elevata presenza di ormoni androgeni nel sangue (con conseguente crescita di peli, acne, in alcuni casi anche alopecia)
- accumulo di peso e difficoltà a perderlo a causa dell’insulino-resistenza.
La presenza di questi sintomi, che si può presentare già dalle prime mestruazioni oppure comparire in seguito, è il campanello d’allarme che porta a indagare con esami più specifici, tra cui
- ecografia approfondita per valutare stato e dimensione delle ovaie e verificare l’eventuale presenza di cisti
- dosaggi ormonali tramite analisi del sangue per verificare i livelli di ormoni androgeni
La terapia più utilizzate è l’utilizzo della pillola anticoncezionale estroprogestinica, che “mette a riposo” le ovaie per un periodo e contrasta gli effetti degli ormoni androgeni, ma non è una soluzione definitiva.
Per chi cerca una gravidanza le terapie mireranno a ripristinare la fertilità e l’ovulazione regolare
È importante affiancare alle terapie un reset di stile di vita e alimentazione, per un supporto e un riequilibrio dell’organismo dal punto di vista metabolico e ormonale
La nutrizione nella policistosi ovarica
La sindrome da ovaio policistico si associa molto spesso a iperinsulinismo e insulino-resistenza (da diagnosticare con esami del sangue specifici tra cui l’HOMA test), condizioni in cui l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale.
Spesso le donne riscontrano aumenti di peso e difficoltà a dimagrire, motivo per cui la giusta alimentazione si accompagnerà anche all’attività fisica
Ma attenzione! Un’attività fisica eccessiva può avere effetti contrari. La sindrome da ovaio policistico, infatti, è caratterizzata anche da un’elevata presenza di ormoni corticosteroidei (adrenalina, testosterone, cortisolo). Bisognerà quindi scegliere un’attività fisica moderata, e svolgerla nelle ore in cui non andrà a sollecitare ulteriormente l’attività surrenalica: meglio al mattino, con costanza e senza esagerare.
Allo stesso modo la dieta dovrà tenere conto di entrambe questi fattori: equilibrio glicemico da un lato, sedazione e riequilibrio ormonale dall’altro.
I cibi no nella sindrome dell’ovaio policistico
Sicuramente da evitare la carne rossa (stimolo surrenalico)
No ai formaggi, specialmente se stagionati (stimolo surrenalico)
Limitare la frutta, specialmente quella più zuccherina
Non eccedere con i carboidrati
Le giuste associazioni alimentari
L’alimentazione in caso di policistosi ovarica dovrebbe essere estremamente personalizzata sulla singola donna, le sue esigenze e la sua risposta alle varie associazioni.
È importante anche che l’alimentazione sia calibrata sulle fasi del ciclo mestruale, per dare il supporto nutrizionale ai vari momenti, mantenendo come regola di base una grande attenzione all’equilibrio glicemico.
Importante l’attivazione epatica, soprattutto all’inizio del ciclo, accompagnata da uno stimolo alla tiroide. Sì a carni bianche e pesce, ottimo l’abbinamento con la salvia che è una buona fonte di fitoestrogeni. Via libera anche al burro, che grazie ai suoi grassi insaturi supporta la maturazione del corpo luteo.
La sera bisogna cercare associazioni sedative, come ad esempio riso burro e salvia, verdure con proprietà rilassanti come la valeriana, zucchine o fagiolini. Attenzione al pesce: per la sera prediligere quello ricco di calcio come alici, sogliola e rombo, che compensa lo iodio diminuendo l’effetto stimolante sul sistema nervoso.
La frutta, meglio la mattina o a pranzo, scegliendo quella meno zuccherina: fragole, frutti di bosco, pesca bianca, pompelmo.
Alcuni alimenti sono importanti non solo nelle associazioni generali, ma anche per i micronutrienti che contengono, in particolare l’inositolo, molecola importantissima nel controllo della sindrome dell’ovaio policistico.
A questo link troverete un approfondimento sulle integrazioni consigliate in caso di PCOS, sempre ricordando che ogni donna è un caso a sè e l’integrazione deve sempre essere concordata con il medico curante dopo un’attenta anamnesi.